La Regione Puglia per la prima volta si è costituita parte civile in unprocedimento penale per femminicidio insieme al centro antiviolenza Safiya di Polignano a Mare e all’associazione Giraffa. Lo scorso novembre è cominciato il processo ad Antonio Colamonico accusato dell’uccisione di Bruna Bovino avvenuta il 12 dicembre 2013 in piccolo centro estetico a Mola di Bari. Ripetendo un copione purtroppo visto molte volte, una parte della stampa aveva offuscato il ricordo della vittima rispecchiando i pregiudizi culturali che nella società italiana come nelle altre, rimuovono la violenza di genere e colpevolizzano le vittime. Grazie alla costituzione di parte civile della Regione Puglia e delle associazioni Safiya e Giraffa la realtà delle radici culturali della violenza di genere sarà affermata in maniera ancora più forte in un aula di tribunale e potrà sensibilizzare l’opinione pubblica e cambiarne la percezione nei confronti di questo crimine.
Trent’anni di impegno delle associazioni di donne sul tema della violenza di genere hanno dato risultati. Oggi la costituzione di parte civile da parte della Regione Puglia è prevista in un articolo dellalegge regionale contro la violenza di genere varata l’estate del 2014.
Trent’anni di impegno delle associazioni di donne sul tema della violenza di genere hanno dato risultati. Oggi la costituzione di parte civile da parte della Regione Puglia è prevista in un articolo dellalegge regionale contro la violenza di genere varata l’estate del 2014.
Il 13 gennaio scorso la Corte D’Assise ha accolto le richieste della Regione e delle due associazioni nonostante le opposizioni dei legali dell’imputato che non ritenevano femminicidio la morte di Bruna perché non era stato conseguenza di un’aggressione sessuale e perché sarebbe stato discriminatorio nei confronti degli uomini o di qualunque altro omicidio. Il pubblico ministero invece si era opposto solo alle richieste delle associazioni Safiya e Giraffa perché i loro interessi sarebbero stati tutelati dalla Regione. Ma le motivazioni di Barbara Spinelli, avvocata del Foro di Bologna che tutela gli interessi del Centro Antiviolenza Safiya, hanno convinto i giudici. La legale ha spiegato che nel nostro ordinamento anche reati “neutri” come l’omicidio e le lesioni possono essere considerati forme di violenza sulle donne proprio perché inclusi nella definizione adottata dalla Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013 e l’Associazione Safiya è portatrice di un danno diretto derivante dal femminicidio di Bruna Bovino perché oltre alla lesione del diritto alla vita della donna a cui è stata usata violenza diretta ad ucciderla, il femminicidio costituisce una profonda ferita per la società tutta. Nel momento in cui a una donna, nell’ambito di una relazione sentimentale, non viene riconosciuta la dignità di persona, ed in quanto tale viene fatta oggetto di violenza, fino alla morte, ricercando poi l’impunità per il delitto commesso, l’intera collettività è responsabile per l’eliminazione di quella cultura e di concezione distorta delle relazioni che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la libertà e finanche la vita delle donne.
Safiya sta aiutando anche le famigliari di Bruna Bovino e sta sostenendo le spese legali e per questo ha chiesto la solidarietà delle cittadine e dei cittadini di Polignano a Mare, delle Istituzioni, dei Centri Antiviolenza della rete regionale e nazionale, delle associazioni di donne, di tutte e tutti coloro che vogliono sostenere la battaglia contro il femminicidio, perché venga ribadito il diritto alla libertà delle donne e si spazzi via l’arcaica convinzione che sia giustificabile l’uccisione di una donna che rivendica le sue scelte o che entra in conflitto con un uomo o con gli schemi imposti dalla società.
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