8 marzo si, 8 marzo no? La
domanda è diventata un tormentone da parecchi anni e anche nel 2015 il dubbio si ripropone. Ha senso commemorare
la Giornata Internazionale della Donna? Si, no, forse… La mimosa è bella col suo colore e profumo così intensi - macchédici, puzza! ..e così via.
Credo che (anche) per dare un senso all’8 marzo non dobbiamo stancarci di ricordare le discriminazioni feroci che miliardi di donne subiscono oggi, nel mondo. Come italiane dobbiamo tenere d'occhio la triste misoginia, malattia endemica nel nostro Paese, difficilissima da debellare e soprattutto dobbiamo riallacciare i fili della memoria. Oggi è il quarantennale dell'8 marzo 1975 - momento storico per le conquiste delle donne italiane - potremmo intanto partire da qui:
Credo che (anche) per dare un senso all’8 marzo non dobbiamo stancarci di ricordare le discriminazioni feroci che miliardi di donne subiscono oggi, nel mondo. Come italiane dobbiamo tenere d'occhio la triste misoginia, malattia endemica nel nostro Paese, difficilissima da debellare e soprattutto dobbiamo riallacciare i fili della memoria. Oggi è il quarantennale dell'8 marzo 1975 - momento storico per le conquiste delle donne italiane - potremmo intanto partire da qui:
Ma - a parte che le lotte per i diritti femminili sono lotte di civiltà nell'interesse di tutti - le donne non hanno lottato solo per sé stesse. Nella storia dell'umanità ci sono state molte Resistenze, le donne vi hanno partecipato ma sono state cancellate dal ricordo, sputate fuori come corpi estranei e relegate all’invisibilità.
I pregiudizi, il narcisismo e la gelosia maschile, il linguaggio e la cultura patriarcale le volevano tra le mura domestiche a occuparsi di figli e mariti anche quando dalle quattro pareti erano uscite. Nei secoli le donne hanno trovato le occasioni per muoversi e quando lo hanno fatto non è stato solamente per
aiutare gl uomini ma per conquistare qualcosa per sé stesse nella speranza che
le lotte e le Resistenze per la libertà
e la dignità dei popoli potessero includere anche le libertà e dignità femminili.
Ce lo ricorda la mostra Al Tabàchi, su I Gruppi di Difesa della Donna (GDD) nella Resistenza ravennate, organizzata dall’Udi di Ravenna e curata da Roberta Errani; come nota Ombretta Donati. “Fa strano, ma la maggior parte dei racconti di quegli anni sono proprio
le donne a lasciarli in eredità, seguendo una sorta di linea matrilineare con
la quale molte di noi sono cresciute, che ci ha spinte a confrontarci con i
diversi aspetti che ci caratterizzano, che ci porta ogni giorno a prendere decisioni,
scegliere da che parte stare e ad essere consapevoli che, senza l’attività di
queste donne, oggi non avremmo una stanza tutta per noi” sono le parole con
cui le curatrici della mostra hanno commentato il lavoro di recupero della
memoria del ruolo che le donne ebbero nella Resistenza. (E' esposta a Massa Lombarda nella sala del Carmine grazie all'Udi massese).
I GDD furono un appello alle
donne di ogni condizione di opporsi al nazifascismo. Nella Provincia di Ravenna furono settemila
ma si ricordano i nomi e i volti di solo 1240. Svolsero diversi
compiti: staffette, informatrici, portaordini divulgatrici di informazioni o
riflessioni politiche con volantini, nascosero partigiani, manifestarono per
ottenere la liberazione di quelli incarcerati, rischiarono la tortura e la vita.
Dopo la guerra, come sempre accade alle
donne, il loro ruolo venne svilito. La narrazione fu sul “contributo” femminile alla
Resistenza o di “aiuto” agli uomini suscitando la rabbia di molte di loro. “Nei GDD
– disse Ida Camanzi staffetta della 28^ brigata col nome di Ilonka – noi pensavamo al dopoguerra, al diritto di voto, al diritto al lavoro e di studio,
agli asili per i bambini, guardavamo lontano”.
Il diritto allo studio (scuola
elementare) era arrivato nel 1861 con l’Unità d’Italia, quello ad entrare nelle
Università nel 1878 (ma gli uomini si erano “dimenticati” di varare una legge
sull’accesso alle donne alla scuola secondaria). Nel 1919 le italiane avevano
ottenuto la personalità giuridica ma la strada per l’uguaglianza nei diritti
era lunga e difficile da percorrere e le donne lo sapevano: non votavano, non avevano opportunità di lavoro o di pari salari, l'accesso allo studio era ancora per poche e il loro ruolo era quello di occuparsi della famiglia.
Nel dopoguerra, forti della partecipazione attiva nella
Resistenza, entrarono nell’assemblea Costituente: solo 21 donne su 556 eletti. Sibilla Aleramo a quel tempo disse che “si dovevano toccare gli abissi dell’orrore e della tragedia perché gli uomini si convincessero a chiedere l’aiuto delle donne nella società e nella politica”.
E come vennero accolte dagli uomini? Non molto bene, se si ricorda l’intervento di Angela Guidi Cingolani che in aula si indignò per le parole di uno dei costituenti e rispose che la sua prima battaglia sarebbe stata “contro i pregiudizi sulle donne e la volgarità che qualche volta cade come sasso anche in quest’aula”.
Ma la misoginia non le scoraggiò affatto.
E come vennero accolte dagli uomini? Non molto bene, se si ricorda l’intervento di Angela Guidi Cingolani che in aula si indignò per le parole di uno dei costituenti e rispose che la sua prima battaglia sarebbe stata “contro i pregiudizi sulle donne e la volgarità che qualche volta cade come sasso anche in quest’aula”.
Ma la misoginia non le scoraggiò affatto.
Claudia Bassi Angelini, storica della Resistenza delle donne ravennati, ha ricordato che nelle commissioni dell’assemblea
costituente quelle Diritti e Doveri dei Cittadini (Nilde Iotti) e Diritti e Doveri Economici e Sociali (Maria
Federici, Teresa Noce e Angelina Merlin) la presenza delle donne fu
significativa per i decenni che seguirono. Fu solo grazie alla loro caparbietà se l’articolo
3 ha incluso il sesso tra i fattori di discriminazione da
eliminare per l’uguaglianza dei cittadini (i padri costituenti da quell'orecchio proprio non volevano sentire) e se dagli articoli 38 e 51 vennero eliminati i riferimenti alle attitudini o al ruolo familiare che avrebbero
penalizzato le donne nuovamente, aprendo le porte ad un percorso di uguaglianza
nei diritti che altrimenti sarebbe stato ancora più difficile.
E furono sempre loro, le donne - tra quelle che fecero la Resistenza - che poi divennero Costituenti, che introdussero la mimosa e sostennero la ricorrenza dell'8 marzo.
E furono sempre loro, le donne - tra quelle che fecero la Resistenza - che poi divennero Costituenti, che introdussero la mimosa e sostennero la ricorrenza dell'8 marzo.
Vi auguro un buon 8 marzo.
Donne. Vedendo le loro foto e leggendo sui pannelli della mostra le
parole che rievocavano fatti tragici e atroci mi sono venute in mente le donnedi Kobane e la loro resistenza contro i terroristi dell’Isis, donne che si sono
battute per liberare il loro Paese ma anche loro stesse. Una vittoria che è passata sotto traccia ed è stata quasi ignorata dai media.
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