Ricevo e pubblico una lettera inviatami da una donna accusata di alienazione parentale o Pas
Caro Gesù bambino,
Caro Gesù bambino,
in occasione della ricorrenza della tua nascita,
vorrei rivolgerti una preghiera, che mi auguro tu riesca ad ascoltare in mezzo
al frastuono di richieste ed appelli che in questo festoso periodo avrai già
ricevuto e continuerai a ricevere. Per favore, non scordarti di vegliare su mio
figlio, che è venuto al mondo proprio in questi giorni di festa, e compie gli
anni come te alla fine dell’anno. Mio figlio Franceschino è venuto alla luce
una notte di dicembre, nella casa della mamma, in mezzo a fiocchi di neve,
pacchetti sotto l’albero e fuochi d’artificio.
Sono una mamma dinamica, presente per lui quel
poco che resta del giorno, fra il tramonto e l’ora di fare le nanne, quando
ritorno dal lavoro, sempre un po’ troppo stanca, ed un po’ preoccupata per le
bollette e l’affitto da pagare, i compiti da finire, la cena e la buona notte
da preparare per lui. Faccio tutto da sola. I preziosi angeli del focolare che
si occupano di lui per tutto il resto del tempo sono i nonni, pilastri di questa
vita tiranna di affetto e di pace.
Per favore, non dimenticarti di Franceschino.
Questo potrebbe essere il primo Natale che trascorre lontano dalla sua
famiglia, o forse, se tu getti un po’ di polvere sul fascicolo che da anni è ferocemente
vivo presso il Tribunale dei Minorenni, potrebbe essere almeno l’ultimo che
trascorre a casa. Il mio bimbo è scomodo a tanti. Non lo vogliono lasciare a
casa, nella casa dove è nato con le persone che lo hanno atteso e cresciuto,
fra mille sacrifici e gioie. Io non lo posso tutelare, né sono più in grado di
farlo restare a casa nostra. Non sono nemmeno più forse la sua mamma. Lo resto
nel DNA e nelle amorevoli cure e calore e serenità che ho saputo offrirgli in
questi anni.
Lo so che lui non è un bimbo siriano, afghano, o
coreano. È italiano. Non ha patito bombardamenti, mutilazioni né esodi. Eppure
è anche lui un profugo di guerra, vittima di un crudo regime. Anche lui presto
dovrà abbandonare la sua casa, la sua scuola, la sua normalità, i suoi affetti
più cari per essere collocato in un istituto insieme ad altri bambini i cui
familiari non sono in grado di occuparsene, provenienti da ogni dove. Di
miserie ce ne sono tante, che non si vedono al notiziario delle 20.00. Se
avessi perso il lavoro e non fossi più in grado di mantenerlo in una vita
decorosa, caro Gesù bambino, ti chiederei di farmi trovare un nuovo lavoro. Ma
il lavoro non mi manca. Se avessi perduto la casa, ti chiederei di farmene
trovare una, piccola piccola, in cui ci fosse spazio per mettere un lettino e
un po’ d’amore la sera. Eppure non ho perso nemmeno la casa. Se io avessi perso
la salute, e non fossi in grado di curarmi del mio bimbo, ti chiederei di
darmene ancora un po’. Se io avessi perso la ragione, e la sto per perdere,
credimi, ti chiederei di restituirmela. Se io fossi una criminale, ti chiederei
perdono per le mie colpe, chiederei subito di pagare il mio conto con la
società, per essere reintegrata. Se ci fosse qualcosa che io potessi cambiare
per poter tornare ad accudire il mio bimbo, ti prego di farmelo sapere, e di
fare questo miracolo.
Mi chiederai ora dov’è suo padre e perché non ci
aiuta.
Caro Gesù, perdonalo anche tu. Illuminalo.
Proteggi Franceschino dalla sua guerra e dal suo odio. Prima che il seme di una
nuova vita nascesse nel mio grembo, lui mi aveva già fatto del male. Sono
fuggita. Impaurita e spaesata. Un giorno poi è tornato. È tornato a prendersi
quello che gli appartiene. Un patriarca con piena ed indiscussa autorità sui
suoi discendenti. Qualunque cosa lui chieda al bambino o a me, gli è dovuta per
diritto. Ha scatenato una guerra lucida e ostinata, con un esercito
professionale ben strutturato al suo seguito. Prima mi ha indebolita
fisicamente, economicamente e psicologicamente. Poi si è recato presso il
Tribunale indicando una da lui presunta incapacità genitoriale mia, ed una
presunta sindrome psichiatrica da cui potrebbe essere afflitto il bimbo a causa
della mia incapacità genitoriale. Sono stata definita una mamma con
comportamento alienante, hanno detto che plagio mio figlio per non fargli amare
il padre. Che mio figlio ha un problema relazionale col padre a causa mia.
Franceschino da quando è nato ha visto suo padre principalmente nelle stanze
delle Asl, dei centri specializzati, nelle Caserme, nei corridoi dei Tribunali,
della Procura, nelle asettiche stanze con la telecamera accesa. Sono stata
insultata e lesa da tutti quelli che in quegli spazi ho incontrato. Il male
peggiore non sono state le percosse ricevute, ma il non essere creduta,
sostenuta, né aiutata. Neppure ascoltata. Essere accusata di essere malevola,
superba, ostativa. I miei difensori vedevano gonfiare il loro portafogli mentre
si assottigliavano le possibilità di tenere mio figlio a casa con la mamma. Nessuno
ha detto che far nascere e crescere un bambino sano e stupendo sia stato un
atto di coraggio ed amore da parte mia.
Esclusivamente mia. Nessuno ha contestato la
mancanza di interesse e di sostegno da parte del padre. Lui non esercita
neppure il diritto di visita, trincerato dietro le scuse e le contestazioni
tutte uguali riguardanti il mio operato. Nessuno mi ha concesso il diritto di
affiancare il mio cognome a quello del padre. Nessuno ha ritenuto che io avessi
il diritto di continuare ad occuparmi di mio figlio, dal momento che non se ne occupa
anche il padre.
Sono stati eseguiti molteplici accertamenti ed
indagini su di me, sulla mia psiche e sulla mia vita. Sulla relazione con mio
figlio. Sono risultata una persona normale, che abita in una casa decorosa, con
un lavoro stabile, un cinema ogni tanto. Non faccio uso di stupefacenti, non
bevo alcol, non ho una condotta sessuale promiscua. Non mi prostituisco. Non ho
mai maltrattato mio figlio. La mia fedina penale è immacolata. Neanche una
cartella di Equitalia. Qualche multa per divieto di sosta, forse. Non soffro di
disturbi o patologie accertati. La mia unica dipendenza è relativa al
cioccolato fondente. Potessi correggere qualcosa della mia persona o del mio
comportamento per fare in modo che lui resti a casa con me, lo farei subito. Eppure
non sono più ritenuta una buona mamma per il mio Franceschino. Nonostante lui
sia un bimbo sano, sereno, in una fase di sviluppo normale per la sua età. Va a
scuola, l’inglese, il basket, la bicicletta senza rotelle. Gli amichetti, le
festicciole, le letterine, il pongo, i supereroi.
Il mio principale difetto? È stato detto che,
sebbene il mio bimbo sia capace di distaccarsi con serenità da me per esplorare
lo spazio che lo circonda, io vivo male il distacco da lui. E questa è una vera
contraddizione in termini: se è stato riscontrato da parte degli specialisti, di
fatto, che Franceschino è in grado di distaccarsi serenamente dalla sua figura
di riferimento principale, anche detta caregiver,
che nel suo caso specifico coincide con la mamma, la psicologia insegna che questo
processo è possibile solo se l’adulto è in grado di non suscitare ansie in lui
nel momento dell’allontanamento e del ricongiungimento. E perciò, se non sono
presenti ansie nel mio bimbo, significa che le ansie non sono presenti neanche
in me. Ma c’è di più: significa che sono una mamma premurosa, solida,
accogliente, che lo stimola e lo incoraggia adeguatamente alle sue piccole
grandi scoperte e conquiste, e che posseggo la giusta serenità ed il giusto
equilibrio per renderlo sempre più autonomo e supportarlo nelle sue normali fasi
di crescita e sviluppo. Ma questo è in effetti il mio peccato originale. Non
viene tollerato da parte del padre né dalla società civile il fatto che questa
mamma non sia riuscita a trasferire su quel padre lo stesso attaccamento da
parte del figlio. Come se la responsabilità di ciò fosse mia. Allora è
cominciato ad andare tutto di traverso. Le ostilità, le minacce, gli
ammonimenti, gli incartamenti. Hanno cominciato a scrivere che sono ostativa,
iperprotettiva, alienante. Eppure mio figlio continua ad essere lo stesso
bambino allegro e sicuro di sempre. Ma con qualche incertezza. Con qualche
timore. Franceschino è stato trascinato presso tante aule, ha conosciuto tante
figure che hanno tentato di sostituirsi alla sua mamma. Che gli hanno spiegato
che se lui non si comporta bene gliela porteranno via, la sua mamma, la sua
casa, la sua vita..
Mio figlio sta vivendo come un prigioniero. Sa
che le maestre a scuola lo osservano e lo valutano. Ha paura di farsi vedere con
un buco nei pantaloni o con il grembiule sporco, di dare uno spintone ad un
compagno o di piangere se inciampa e cade. Ha paura quando la notte è buio e
non mi sente accanto a lui. Ha paura che i miei sacrifici non possano bastare
per lasciarlo crescere dove lui è nato, dove sta bene, e soprattutto dove il
padre non viene mai a trovarlo, per disprezzo e rabbia. Suo padre è infatti disponibile
ad venirlo a trovare solo in uno spazio neutro o in un istituto, ove io non
devo neppure farmi vedere, come una criminale, ed ove terze persone epureranno
il bambino dalla mamma e dalla famiglia materna intera. Dopo che Franceschino
sarà stato opportunamente minacciato, resettato ed purificato dalla mia
contaminazione, allora si renderà disponibile a tutto pur di uscire dal lager,
anche di andare a vivere con l’estraneo padre padrone. Soltanto allora la
guerra infanticida e matricida sarà definitivamente vinta. Non gli è stato
possibile mantenere neppure il mio cognome, affiancato, anzi, posposto a quello
del padre, per mantenere viva almeno la mia memoria. Non è possibile, infatti,
tuttora in Italia, presentare la richiesta di aggiunta del cognome materno per
un minorenne, senza il consenso del padre.
Caro Gesù bambino,
quest’anno per Natale ho ricevuto un parere
favorevole affinché sia revocata la mia responsabilità genitoriale. Manca solo
un timbro, poi l’allontanamento forzato, i traumi, le vite spezzate, le ferite
irrimediabili. Non ho fatto niente, non ho colpe da espiare. Ho solo chiesto
che Franceschino possa abituarsi gradualmente e con la massima calma e serenità
alla presenza di un estraneo: suo padre. Ho solo chiesto di ascoltare i suoi
bisogni e rispettare i suoi tempi, in nome di un’infanzia serena in cui, passo
dopo passo, si tentasse di integrare anche il padre. Lo continuerò a chiedere
sempre, anche se continueranno a non ascoltarmi. I sacrifici sono stati
richiesti solo al bambino. Il padre non deve fare nulla. Ha fatto la sua
denuncia, ha detto che il bambino non è bendisposto nei suoi confronti, e grazie
a dei grossolani accertamenti e grazie a delle discutibili sottrazioni di
prove, è risultato credibile. Lui che non ha cambiato un solo pannolino e che
non ha curato neanche un raffreddore. Che non ha mai fatto una telefonata per
dire buonanotte. Lui che è nullatenente per non mandare il mantenimento. Io che
sono amorevole, presente e solida, vado invece punita. Punita perché nel 2015
non si può crescere un bambino felice se il patriarca non è d’accordo.
Nel 1994, anno della famiglia, Giovanni Paolo II scrisse una lettera ai
bambini per Natale. **“Nelle vicende del Bimbo di Betlemme potete riconoscere le sorti dei bambini di
tutto il mondo. Se è vero che
un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e
dell'intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo,
in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la
miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime
delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza
casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di
violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere
indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è
causata in qualche modo dagli adulti? […] Proprio meditando su questi fatti,
che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini
e ragazzi, di farvi carico della preghiera
per la pace. Lo sapete bene: l'amore e la concordia costruiscono
la pace, l'odio e la violenza la distruggono. Voi
rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore: per questo il
Papa è certo che non respingerete la sua richiesta, ma vi unirete alla sua
preghiera per la pace nel mondo con lo stesso slancio con cui pregate per la
pace e la concordia nelle vostre famiglie.”**
Caro Gesù bambino, prega per tutti i bambini che
non hanno il diritto di rimanere a casa propria, per tutte le mamme ed i padri
amorevoli che si trovano impossibilitati a tutelare le proprie creature. Prega il
mio Franceschino, dagli la forza di resistere agli assalti di suo padre e della
nostra vigliacca società cosiddetta civile. Tieni nel tuo cuore le sorti dei
tanti, tantissimi bambini che sono vittima di questa guerra silenziosa e
terribile che non suscita la compassione dei nostri concittadini perché no, non
passa al notiziario delle 20.00. Ancora oggi sessanta milioni di italiani sono
fortemente convinti che non sia possibile allontanare un bambino dalla madre, a
meno che lei non sia effettivamente pericolosa per lui. Ma purtroppo si
sbagliano.
Una mamma per sempre.
** LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
AI BAMBINI NELL'ANNO DELLA FAMIGLIA https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/letters/1994/documents/hf_jp-ii_let_13121994_children.html