giovedì 17 aprile 2014

Da un gruppo di esperte di informatica un'idea per sostenere i centri antiviolenza

Da qualche giorno è online sul sito stopfemminicidio.it la campagna per la raccolta fondi a favore dei centri antiviolenza aderenti a D.i.Re - Donne in Rete. 
Un gruppo di donne esperte di informatica ha creato una piattaforma che mette a disposizione  l’elenco delle città in cui i centri svolgno la propria attività contro la violenza alle donne, completo di indirizzi dei centri, siti web e di codici fiscali, per coloro che vorranno fare una donazione. Un link permette di informarsi sulle attività svolte dal centro antiviolenza. L’idea, venuta a Sara Porco, web designer e grafica curatrice del sito stopfemminicidio.itè stata realizzata insieme a un gruppo di donne informatiche delle Girl Geek Dinners, che si sono offerte di dare il loro contributo gratuitamente, a sostegno dei centri antiviolenza. Un aiuto concreto ed un gesto di solidarietà tra donne, in un momento in cui le difficoltà economiche e la carenza di finanziamenti dei centri non sono affatto superate.

mercoledì 16 aprile 2014

Stereotipi di genere? Basta poco per abbatterli

Abbattere gli stereotipi di genere con leggerezza, come se fosse un gioco è possibile. Gli allievi e le allieve della II A dell’Istituto Battaglia di Fusignano (scuola media), nei giorni scorso sono andati in scena con lo spettacolo teatrale Femmine e Maschi, realizzato grazie alla loro insegnante di materie letterarie, Patrizia Randi e a Roberta Xella un’insegnante di musica con esperienze teatrali. Un’ora di spettacolo che porta in scena la storia di una lite tra i ragazzi e ragazze e la scelta di superare il conflitto partendo per un viaggio in una fantastica isola tropicale dove scambiare abiti e ruoli. 
Lo sguardo critico nel viaggio immaginario, è quello di un ragazzo con una madre manager che viaggia su aerei pilotati da donne, ed un papà casalingo che accudisce i figli e prepara pranzo e cena. Sull’isola immaginaria, durante lo scambio di ruoli, i ragazzi e le ragazze dialogano e riflettono. All'inizio del gioco, vestendo i panni altrui, aderiscono ad un modello maschile e femminile caricaturale: ragazzi che indossano boa di struzzo e lunghe collane, ragazze che imitano i maschi “bulleggiando”. Il rispecchiamento fa levare proteste da entrambe le parti: "ma noi non siamo così!". Dopo le proteste e la consapevolezza della grande distanza che può esserci tra realtà e rappresentazione, i pregiudizi e gli stereotipi sono discussi e contestati.
Durante la riflessione collettiva, qualche stereotipo fa capolino di nuovo (come quando i ragazzi riconoscono alle ragazze il pregio di fare bambini) ma questo esercizio educativo può essere nel tempo ripreso e sperimentato nuovamente
Questo lavoro semplice ed efficace, è ispirato ad una lite realmente avvenuta a scuola, lo scorso autunno, tra banchi della II A. Una lite e i ragazzi sbeffeggiano le compagne ancheggiando su inesistenti tacchi, e le ragazze che ricambiano imitando "machi" che ruttano e dicono parolacce. L’insegnante intuisce che c’è la possibilità di stimolare una riflessione sui ruoli maschili e femminili e sui conflitti. Così è cominciato un lavoro di gruppo che ha rivelato come i pregiudizi positivi o negativi, sul genere maschile e femminile, siano fortemente attecchiti tra ragazzi e ragazze. Per mesi l’insegnante ha proposto un laboratorio sulla percezione corporea, la postura, la modulazione della voce, e pian piano è nata l’dea di un testo teatrale che affrontasse in modo semplice e adeguato all’età degli studenti, la questione delle differenze di genere. I ragazzi e le ragazze hanno fatto tutto da soli, hanno scritto il testo e il copione, sempre seguiti dalle “prof” che sono intervenute per invitare a riflettere sulla scelta delle parole e sul significato del ruolo. Dopo mesi di lavoro, Femmine e Maschi è andato in scena divertendo tutti: insegnanti, genitori e pubblico, ma soprattutto "gli attori e le attrici". Un bell’esempio di educazione e di allenamento al senso critico, in un momento in cui sul pensiero della differenza di genere e sull' impegno contro l’omofobia, soffiano veti episcopali, insorgono inquietanti "sentinelle", e si arriva ad opporsi all’educazione al rispetto dell’altro in nome della “difesa di valori tradizionali" o "della famiglia”.

lunedì 7 aprile 2014

Unitevi all'Appello dell'Associazione Nazionale D.i.Re al Governo Renzi

L'associazione nazionale D.i.Re donne in Rete contro la violenza si rivolge al presidente del Consiglio e pubblica un appello, invitando cittadine, cittadini, e parlamentari a firmarlo, affinchè siano mantenuti gli impegni presi dal Governo Letta

Dopo la ratifica della Convenzione di Istanbul, e l'approvazione della cosiddetta legge sul femminicidio che era stata criticata fortemente dai centri antiviolenza, lo scorso autunno erano cominciati i tavoli interministeriali per elaborare il nuovo Piano Nazionale Antiviolenza. I tavoli si sono riuniti per due mesi, aprendo un confronto, tra istituzioni ed associazioni, con l'obiettivo individuare azioni, definire protocolli e progetti per prevenire il fenomeno della violenza, sostenere e rafforzare le vittime. D.i.Re vi ha partecipato coinvolgendo le operatrici e le attiviste dei 65 centri antiviolenza che rappresenta, ma con la caduta del Governo Letta, i tavoli non si sono più riuniti e non si sa ancora che ne sarà delle riflessioni e del materiale che è stato prodotto durante quegli incontri. Il precedente Governo aveva stanziato 17 milioni di euro che avrebbero dovuto essere distribuiti tra i centri antiviolenza nel 2013 e nel 2014, come era previsto nella legge sul femminicidio. Ebbene nemmeno di questi finanziamenti si è più saputo nulla. Il governo Renzi, nonostante gli appelli del movimento delle donne e delle attiviste dei centri antviolenza non ha ancora assegnato le Pari Opportunità né ad un ministero né in delega. 
A marzo era stato fatto il nome di Teresa Bellanova che sarebbe succeduta a Maria Cecilia Guerra, occupandosi della delega per le Pari Opportunità, ma anche in questa occasione, tutto si è concluso con un nulla di fatto. Il Piano Nazionale Antiviolenza attende di essere rinnovato, ancora mancano protocolli omogenei sul territorio nazionale che rispondano adeguatamente alle donne che denunciano violenze, ancora ci sono solo 500 posti letto per le vittime e i loro figli, contro i 5mila500 previsti dalle direttive europee, e ancora i centri antiviolenza combattono giorno dopo giorno con la manzanza di finanziamenti e sopravvivono spesso grazie all'autotassazione delle attiviste. 
Nulla è cambiato da quando l'estate scorsa è stata ratificata, con il voto unanime del Parlamento, la Convenzione di Istanbul. Un atto che resterà una delle tante operazione di facciata, se non si manterranno gli impegni presi applicando le sue direttive. 
Il governo Renzi ancora non ha dato alcuna risposta, non l'ha data alle attiviste dei cenri antiviolenza e del movimento delle donne, non l'ha data alle donne che in Italia subiscono violenze e maltrattamenti. 
Unitevi all'appello! Lo trovate scaricabile QUI. Per aderire basta comunicare la propria adesione scrivendo a: direcontrolaviolenza@women.it
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domenica 6 aprile 2014

In ricordo di Nicoletta Livi Bacci

Con grande dolore diciamo addio a Nicoletta Livi Bacci.
Nicoletta è mancata improvvisamente il 5 aprile, lasciando un grande vuoto nelle donne dei centri antiviolenza e non solo. 
Ha dedicato tutta la sua vita all'impegno contro la violenza alle donne perchè in questo Paese pigro e conservatore, si diffondesse una cultura di genere che spazzasse via pregiudizi e discriminazioni sessiste e misogine. Era stata fondatrice, insieme a Catia Franci, dell'associazione Artemisia, e ne stata presidente per diciassette anni. Era un punto di riferimento per la rete nazionale dei Centri Antiviolenza e per il movimento delle donne. Insieme ad altre compagne ha creduto e voluto che i centri antiviolenza si costituissero in una associazione nazionale e non è un caso che si debba a lei la felice intuizione del nome dell'associazione D.i.Re. La sua intelligenza e le sue riflessioni sempre lucide e profonde ci mancheranno, come la pacatezza con la quale interveniva alle assemblee, sempre dopo aver ascoltato con attenzione le altre compagne. Porteremo sempre con noi il ricordo della sua solarità e del suo sorriso.

venerdì 4 aprile 2014

Switch-Off: progetto Daphne rivolto agli orfani di femminicidio


In Italia dal 2001 al 2011 dono stati 1459 i femminicidi maturati in ambito familiare (dati ricerca Eures del 2012 sul femminicidio) e si stima che siano circa 1500 gli orfani sopravissuti all'uccisione della madre per mano del padre o di un partner. Ma otto volte su dieci, l'autore del femminicidio è proprio il padre che si suicida o viene condannato per il suo crimine.
A livello territoriale, il femminicidio avviene principalmente nelle regioni del nord Italia, e l'Emilia Romagna è la seconda regione (dopo la Lombardia) con maggior numero di femminicidi: 128 nel decennio compreso nella ricerca Eures, pari all'8,8% del totale.
Che cosa ne è dei bambini e delle bambine, o degli adolescenti sopravvissuti? Chi si cura di loro? Chi li aiuta a superare un trauma così devastante che li sradica dalle loro esistenze? Questo progetto ha l'obiettivo di dare delle risposte ma chiede la partecipazione di chi visse quel trauma nell'infanzia o nell'adolescenza e oggi da adulto può dare il suo contributo. Come? Raccontando la sua esperienza.
Dallo scorso autunno, il Dipartimento di psicologia della Seconda Università di Napoli con la collaborazione dei centri antiviolenza D.i.Re, sta realizzando il progetto Switch-Off , (Supporting WITness Children Orphans From Feminicide in Europe) un progetto internazionale che coinvolge anche gli Stati di Cipro e della Lituania con lo scopo di contattare coloro che da bambini o adolescenti vissero questa esperienza tragica. L'equipe di esperti che sta raccogliendo le loro testimonianze, vuole capire se le risposte istituzionali, sociali e familiari furono adeguate, se negli anni del buio improvviso, di quella frattura nelle loro vite, furono aiutati adeguatamente. Anna Baldry, è la psicologa e la coordinatrice del progetto che ha già raccolto molte testimonianze. Ha ascoltato esperienze differenti ma tutte con un comune denominatore: l’inadeguatezza delle risorse messe in campo per aiutare le vittime. Spesso i familiari che hanno avuto in affidamento gli orfani sono stati colpiti anche loro dal lutto, ed hanno bisogno di elaborare dolore e disperazione, ecco che la responsabilità di curare, assistere e sostenere i figli delle vittime può, in alcuni casi, essere un onere complesso da sopportare, e sono necessari aiuti e progetti adeguati. In alcuni casi la scomparsa di entrambi i genitori causa una peggioramento delle condizioni economiche per i figli, e minori risorse economiche condizionano o appesantiscono gli anni successivi al trauma. E’ necessario pensare progetti e mettere in campo azioni e interventi adeguati per ridurre il più possibile il devastante impatto negativo del trauma, scoprire le reali necessità e bisogni di bambini e adolescenti vittime di femminicidio, preparare raccomandazioni e linee guida da diffondere a livello europeo per affrontare il problema in maniera efficace. 
Gli adulti che hanno vissuto questo trauma durante l’infanzia o l’adolescenza, e che desiderano contribuire al progetto Scwith-off, possono raccontare la loro esperienza contattando la coordinatrice del progetto, Anna Baldry, scrivendo a info@switch-off.eu. Saranno garantiti anonimato e riservatezza.

martedì 1 aprile 2014

Diciamo NO alla caccia mediatica contro le donne che denunciano violenze familiari

Se le donne in fuga sono inseguite anche tramite gli echi mediatici: una lettera aperta contro la caccia sensazionalistica alle vittime di violenza.

Come associazioni impegnate sul fronte della prevenzione e contrasto alla violenza di genere, nonché a tutte le forme di abuso e maltrattamento sui minori, non possiamo che dirci preoccupate per quanto avvenuto il 27 marzo con la pubblicazione di un articolo sul Resto del Carlino, nella sua edizione di Ravenna, dal titolo "La mia compagna scomparsa con i figli. Chiesto l'intervento di Chi l'ha visto?". Un articolo dal tenore sconcertante se non addirittura inquietante per più motivi: primo tra tutti perché si è presentata in maniera distorta e parziale una situazione che doveva, invece, essere trattata con molta cautela perché coinvolge minori che si trovano in una situazione di gravi tensioni familiari, sfociate anche in atteggiamenti di violenza, sulle quali stanno indagando gli organi preposti; in secondo luogo, fatto forse ancora più grave, perché sia la legale del presunto abbandonato, sia il giornalista che ha redatto il pezzo (pubblicato senza firma), hanno, in maniera gratuita e con una leggerezza ingiustificabile, divulgato il luogo dove temporaneamente si trovavano, in condizioni di protezione, la donna è i bambini. Un atto irresponsabile che, esponendo alla morbosa curiosità dei lettori, sottopone ad un di più di stress psicologico e, forse, ad un rischio di incolumità fisica, persone già provate dalla difficile situazione familiare. Ma, infine, la cosa più grave nell'articolo richiamato consiste proprio nel fatto che, in alcun modo, il giornalista sente il dovere di dare conto del fatto che la reale sorte della '"presunta" scomparsa fosse a conoscenza tanto dell'uomo, quanto della sua legale. Infatti, secondo quanto evidenziato da Nadia Somma, presidente dell'associazione Demetra, nella sua diffida indirizzata alla trasmissione di Rai3, la legale era stata informata dai Carabinieri già la sera stessa dell'intervento operato in emergenza. Altro che "compagna scomparsa": forse il giornalista ha omesso doverosi approfondimenti, ma è davvero deplorevole che la legale e il suo assistito facciano finta di non sapere che, se invece di prendere contatti con la redazione di quotidiani locali e di trasmissioni televisive nazionali, si fossero rivolti ai dirigenti del servizio sociale, molto probabilmente il percorso di ripristino del diritto alla genitorialita', ritenuto leso, sarebbe già iniziato. 
 Per tacere del fatto che riteniamo che le uniche abilitate ad accertare i fatti, tanto più in situazioni così delicate, siano le Autorità giurisdizionali, nelle rispettive sedi, e non trasmissioni televisive o estemporanee indagini giornalistiche, che rispondono a logiche completamente diverse. Quello che ci preme rappresentare e rivendicare, a fronte di tale episodio, è il nostro essere parte attiva di un sistema di difesa della parte debole dei conflitti familiari, nonché l'assoluta necessità di sostenere una modalità di intervento che è una prassi consolidata in Europa e che punta - in caso d'intervento delle istituzioni preposte - prima di tutto a mettere in sicurezza, insieme alla "presunta" vittima, i minori, vittime "certe" del clima di violenza, non solo fisica, che si respira in una famiglia in cui è chiamata ad intervenire la forza pubblica per ripristinare se non proprio la serenità, almeno una parvenza di normalità. Nel contempo ci interessa censurare, insieme al comportamento dei giornalisti e del giornale, anche quello di una professionista che affida la sua importantissima quanto delicatissima funzione di rappresentanza d'interessi, per quanto di parte, alla spettacolarizzazione, al sensazionalismo e, comunque, a vie improprie e lontane dalle sedi deputate. 
 Infine, vogliamo evidenziare che i sistemi di contrasto alla violenza maschile, la tutela della vita e dell'incolumità delle donne, la lotta contro i femminicidi, la difesa dei minori dalla violenza assistita, NON SONO UN GIOCO, ma rispondono a logiche e procedure ferree e consolidate a livello europeo che l'Italia si è impegnata ad applicare quando nel giugno 2013, il Parlamento ha ratificato la Convenzione di Istanbul. 
 Logiche e procedure che nella nostra Provincia, grazie ai protocolli stipulati con tutti i soggetti interessati, diventano concrete reti di salvataggio, incisive azioni preventive e fondamentali percorsi di sostegno. Auspicando dunque, un intervento, quantomeno conoscitivo, degli Ordini professionali di riferimento, facciamo appello ad un aumento di vigilanza ed impegno di tutte le associazioni e delle organizzazioni coinvolte, nonché alla partecipazione attiva dei cittadini, perché non trovi alcuna eco l'atteggiamento di chi tenta di vanificare anni di sforzi, di ricerca, di sensibilizzazione, di crescita collettiva vissuti nell'interesse delle donne, dei bambini e di tutta la Comunità
Le associazioni Demetra Donne in Aiuto - Linea Rosa - SOS Donna - Dalla parte dei minori - Seconda Stella per l'affido familiare