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martedì 12 agosto 2014

Quanto vale il lavoro delle donne nei Centri Antiviolenza?

Il 30 settembre la prima convenzione del centro antiviolenza Demetra donne in aiuto si concluderà. Le donne del centro stanno interloquendo con le istituzioni locali per chiedere un' implementazione dei progetti del centro antiviolenza, aumentando il finanziamento all'associazione anche in previsione dell'apertura della Casa Rifugio. 
Una struttura arredata e sistemata con le sole forze delle volontarie, che non avrà costi di locazione perche' di proprietà di una concittadina che ha stipulato un contratto di comodato con l'associazione. La Convenzione di Istanbul,in vigore dal 1° di agosto, indica ai Paesi che l'hanno sottoscritta, di sostenere le organizzazioni non governative, la legge quadro per la parità contro le discriminazioni di genere, varata dalla Regione Emilia Romagna lo scorso mese di giugno, riconosce il valore dei centri antiviolenza, il protocollo Anci - D.i.Re sottoscritto nel maggio 2013 anche; ma saranno sufficienti studi, linee guida, trattati internazionali, firme su firme e dichiarazioni di intenti in assenza di una volontà politica di intervenire strutturalmente sul fenomeno? L'indagine Quanto costa il silenzio? realizzata da Intervita Onlus ha fatto un calcolo dei costi della violenza contro le donne: il silenzio sul femminicidio costa 16,7 miliardi di euro, piu' di una legge di stabilità. Gli investimenti invece sono solo di 6,3 milioni di euro. La conclusione è che nel 2012 una donna ogni 3 giorni è stata uccisa dal proprio partner, e che più di un milione di donne hanno subito almeno una molestia. Volendo stimare anche gli atti di violenza si arriva alla cifra stratosferica di 14 milioni: ovvero 26mila euro al minuto. Nella nostra realtà locale dopo nove anni di attività politica e di servizi svolti a titolo di volontariato che hanno fatto emergere il problema dove non era mai stato misurato, l'associazione Demetra Donne in Aiuto, nel settembre 2013, ha ottenuto la prima Convenzione con l'Unione dei Comuni della Bassa Romagna che ha finanziato il progetto P.Eg.A.S.O. (Progetto Emergenza Accoglienza Sostegno ed Ospitalità. Questo ha permesso l'apertura del Centro Antiviolenza per tredici ore settimanali (invece delle quattro ore precedenti) e un servizio di osiptalità in emergenza dal lunedì alla domenica dalle 10 alle 23, senza soluzione di continuità. Il finanziamento previsto per il progetto era di 18 mila euro che è stato suddiviso in 13mila 200 euro per le due operatrici che si alternavano settimanalmente per l'emergenza e 3mila 800 per l'operatrice che lavorava all'accoglienza. E' sufficiente fare un calcolo aritmetico per capire che la retribuzione netta delle operatrici del'emergenza è stata di 450 euro al mese per 308 ore di reperibilità (retribuzione che ha eslcuso gli interventi ed i rimborsi spese).

L'operatrice dell'accoglienza è stata invece retribuita con 230 euro nette per 36 ore mensili. Una scommessa che le operatrici hanno accettato per un anno, consapevoli di fare un notevole monte ore di lavoro non retribuito adeguatamente con l'obiettivo di dare maggiori risposte al problema della violenza, in attesa di un più forte sostegno delle istituzioni. L'associazione ha provveduto a reperire fondi con privati per aumentare di 100 euro mensili il compenso delle due operatrici dell'emergenza e di 70 euro quello dell'operatrice di accoglienza e per pagare altre spese. I mille euro avanzati dal finanziamento sono stati spesi per bollette telefoniche, cancelleria ecc. Se facciamo un bilancio dal 1 ottobre 2013 al 31 luglio 2014, sono state svolte 86 ore settimanali retribuite dal progetto P.Eg.A.S.O. Progetto Emergenza Accoglienza Ospitalità per 34 settimane per un totale di 2mila 924 ore. Le ore di volontariato (2948 h 50’) hanno superato quelle retribuite (2924). Nel 2012 le ore di volontariato erano state 1139, ed erano calate rispetto al periodo comnpreso tra il 2007 ed il 2010 quando il progetto ospitalità in emergenza venne sospeso in quanto era finanziato con 3mila 500 euro annui, di fatto era realizzato con il solo volontariato e con spese tutte a carico dell'associazione. Con la convenzione le ore di volontariato sono aumentate: questo significa che quanto più le istituzioni sostengono con finanziamenti i centri antiviolenza tanto più si implementa l’attività di volontariato. I motivi sono da riscontrare nella maggiore razionalizzazione e organizzazione del lavoro che grazie al supporto di operatrici retribuite ha prodotto un maggior tempo investito nella formazione e nel coinvolgimento di nuove volontarie per realizzare nuovi progetti. Le ore retribuite sono da suddividere tra 2618 h dedicate all’emergenza e 306 dedicate all’accoglienza delle donne. Se si sommano le ore di accoglienza retribuite dalla convenzione (306) a quelle svolte a titolo di volontariato (647) si giunge a complessive 953 ore di accoglienza dedicate alle donne nel periodo dal 1 ottobre al 31 luglio da cui si evince che l’associazione Demetra è impegnata nelle sole ore di attività dell’accoglienza, dal lunedì al venerdì per 5 ore e mezza giornaliere. Le ore realizzate grazie al progetto P.EG.A.S.O sono da suddividere tra 2618 h dedicate all’ospitalità in emergenza e 306 dedicate all’accoglienza delle donne. L’ospitalità in emergenza è quella che ha necessitato della metà delle ore di attività svolte dall’associazione (53%) al secondo posto l’accoglienza (16%), al terzo la formazione e la supervisione (6%) e poi le consulenze legali (5,1%). Il lavoro d’equipe che consiste in riunioni e organizzazione del lavoro è al quinto posto (4,5%), seguono redazione di materiale informativo e progetti (3,5%), allestimento Casa Rifugio (3,4%), accompagnamenti (2,9%), contabilità (1,7%), eventi (1,5%), sportello lavoro (0,8%), Coordinamento Regionale dei centri antiviolenza (0,8%), Osservatorio Regionale sulla violenza (0,5%), D.i.Re Donne in Rete (0,3%). Si tratta di una notevole somma di ore che impegnano un numero di 15 socie e sei consulenti (sei donne ed un uomo, un avvocato) e che mantengono in vita un progetto che altrimenti non sarebbe possibile realizzare. Se si calcola invece economicamente il volontariato tenendo conto di una retribuzione di 15 euro all'ora, si verifica che tradotto in termini economici, il centro antiviolenza Demetra ha prodotto un lavoro pari a 44mila 220 euro. La cifra è calcolata per difetto. Ho descritto la realtà del centro antiviolenza Demetra ma tutti questi sono progetti che se non fossero realizzati dai centri antiviolenza non troverebbero alcuna prosecuzione, in quanto le istituzioni non li realizzano. Sarebbe sufficiente razionalizzare le spese per dare sostegno adeguato ai centri antiviolenza e senza cifre esorbitanti rispetto ai costi della violenza. La Regione Emilia Romagna sta provvedendo a verificare il censimento di case rifugio e centri antiviolenza rispetto a quanto era emerso dalla Conferenza Stato Regioni quella che ha stabilito criteri per i quali ad ogni centro antiviolenza spetterebbero 3500 euro l'anno. In attesa di risposte istituzionali il lavoro delle donne dei centri antiviolenza mantiene in essere, nonostante tutto, progetti per la salute e la vita delle donne. Ma fino a quando? 
di Nadia Somma

martedì 1 aprile 2014

Diciamo NO alla caccia mediatica contro le donne che denunciano violenze familiari

Se le donne in fuga sono inseguite anche tramite gli echi mediatici: una lettera aperta contro la caccia sensazionalistica alle vittime di violenza.

Come associazioni impegnate sul fronte della prevenzione e contrasto alla violenza di genere, nonché a tutte le forme di abuso e maltrattamento sui minori, non possiamo che dirci preoccupate per quanto avvenuto il 27 marzo con la pubblicazione di un articolo sul Resto del Carlino, nella sua edizione di Ravenna, dal titolo "La mia compagna scomparsa con i figli. Chiesto l'intervento di Chi l'ha visto?". Un articolo dal tenore sconcertante se non addirittura inquietante per più motivi: primo tra tutti perché si è presentata in maniera distorta e parziale una situazione che doveva, invece, essere trattata con molta cautela perché coinvolge minori che si trovano in una situazione di gravi tensioni familiari, sfociate anche in atteggiamenti di violenza, sulle quali stanno indagando gli organi preposti; in secondo luogo, fatto forse ancora più grave, perché sia la legale del presunto abbandonato, sia il giornalista che ha redatto il pezzo (pubblicato senza firma), hanno, in maniera gratuita e con una leggerezza ingiustificabile, divulgato il luogo dove temporaneamente si trovavano, in condizioni di protezione, la donna è i bambini. Un atto irresponsabile che, esponendo alla morbosa curiosità dei lettori, sottopone ad un di più di stress psicologico e, forse, ad un rischio di incolumità fisica, persone già provate dalla difficile situazione familiare. Ma, infine, la cosa più grave nell'articolo richiamato consiste proprio nel fatto che, in alcun modo, il giornalista sente il dovere di dare conto del fatto che la reale sorte della '"presunta" scomparsa fosse a conoscenza tanto dell'uomo, quanto della sua legale. Infatti, secondo quanto evidenziato da Nadia Somma, presidente dell'associazione Demetra, nella sua diffida indirizzata alla trasmissione di Rai3, la legale era stata informata dai Carabinieri già la sera stessa dell'intervento operato in emergenza. Altro che "compagna scomparsa": forse il giornalista ha omesso doverosi approfondimenti, ma è davvero deplorevole che la legale e il suo assistito facciano finta di non sapere che, se invece di prendere contatti con la redazione di quotidiani locali e di trasmissioni televisive nazionali, si fossero rivolti ai dirigenti del servizio sociale, molto probabilmente il percorso di ripristino del diritto alla genitorialita', ritenuto leso, sarebbe già iniziato. 
 Per tacere del fatto che riteniamo che le uniche abilitate ad accertare i fatti, tanto più in situazioni così delicate, siano le Autorità giurisdizionali, nelle rispettive sedi, e non trasmissioni televisive o estemporanee indagini giornalistiche, che rispondono a logiche completamente diverse. Quello che ci preme rappresentare e rivendicare, a fronte di tale episodio, è il nostro essere parte attiva di un sistema di difesa della parte debole dei conflitti familiari, nonché l'assoluta necessità di sostenere una modalità di intervento che è una prassi consolidata in Europa e che punta - in caso d'intervento delle istituzioni preposte - prima di tutto a mettere in sicurezza, insieme alla "presunta" vittima, i minori, vittime "certe" del clima di violenza, non solo fisica, che si respira in una famiglia in cui è chiamata ad intervenire la forza pubblica per ripristinare se non proprio la serenità, almeno una parvenza di normalità. Nel contempo ci interessa censurare, insieme al comportamento dei giornalisti e del giornale, anche quello di una professionista che affida la sua importantissima quanto delicatissima funzione di rappresentanza d'interessi, per quanto di parte, alla spettacolarizzazione, al sensazionalismo e, comunque, a vie improprie e lontane dalle sedi deputate. 
 Infine, vogliamo evidenziare che i sistemi di contrasto alla violenza maschile, la tutela della vita e dell'incolumità delle donne, la lotta contro i femminicidi, la difesa dei minori dalla violenza assistita, NON SONO UN GIOCO, ma rispondono a logiche e procedure ferree e consolidate a livello europeo che l'Italia si è impegnata ad applicare quando nel giugno 2013, il Parlamento ha ratificato la Convenzione di Istanbul. 
 Logiche e procedure che nella nostra Provincia, grazie ai protocolli stipulati con tutti i soggetti interessati, diventano concrete reti di salvataggio, incisive azioni preventive e fondamentali percorsi di sostegno. Auspicando dunque, un intervento, quantomeno conoscitivo, degli Ordini professionali di riferimento, facciamo appello ad un aumento di vigilanza ed impegno di tutte le associazioni e delle organizzazioni coinvolte, nonché alla partecipazione attiva dei cittadini, perché non trovi alcuna eco l'atteggiamento di chi tenta di vanificare anni di sforzi, di ricerca, di sensibilizzazione, di crescita collettiva vissuti nell'interesse delle donne, dei bambini e di tutta la Comunità
Le associazioni Demetra Donne in Aiuto - Linea Rosa - SOS Donna - Dalla parte dei minori - Seconda Stella per l'affido familiare