In Italia dal 2001 al 2011 dono stati 1459 i femminicidi maturati in ambito familiare (dati ricerca Eures del 2012 sul femminicidio) e si stima che siano circa 1500 gli orfani sopravissuti all'uccisione della madre per mano del padre o di un partner. Ma otto volte su dieci, l'autore del femminicidio è proprio il padre che si suicida o viene condannato per il suo crimine.
A livello territoriale, il femminicidio avviene principalmente nelle regioni del nord Italia, e l'Emilia Romagna è la seconda regione (dopo la Lombardia) con maggior numero di femminicidi: 128 nel decennio compreso nella ricerca Eures, pari all'8,8% del totale.
Che cosa ne è dei bambini e delle bambine, o degli adolescenti sopravvissuti? Chi si cura di loro? Chi li aiuta a superare un trauma così devastante che li sradica dalle loro esistenze? Questo progetto ha l'obiettivo di dare delle risposte ma chiede la partecipazione di chi visse quel trauma nell'infanzia o nell'adolescenza e oggi da adulto può dare il suo contributo. Come? Raccontando la sua esperienza.
Dallo scorso autunno, il Dipartimento di psicologia della Seconda Università di Napoli con la collaborazione dei centri antiviolenza D.i.Re, sta realizzando il progetto Switch-Off , (Supporting WITness Children Orphans From Feminicide in Europe) un progetto internazionale che coinvolge anche gli Stati di Cipro e della Lituania con lo scopo di contattare coloro che da bambini o adolescenti vissero questa esperienza tragica. L'equipe di esperti che sta raccogliendo le loro testimonianze, vuole capire se le risposte istituzionali, sociali e familiari furono adeguate, se negli anni del buio improvviso, di quella frattura nelle loro vite, furono aiutati adeguatamente. Anna Baldry, è la psicologa e la coordinatrice del progetto che ha già raccolto molte testimonianze. Ha ascoltato esperienze differenti ma tutte con un comune denominatore: l’inadeguatezza delle risorse messe in campo per aiutare le vittime. Spesso i familiari che hanno avuto in affidamento gli orfani sono stati colpiti anche loro dal lutto, ed hanno bisogno di elaborare dolore e disperazione, ecco che la responsabilità di curare, assistere e sostenere i figli delle vittime può, in alcuni casi, essere un onere complesso da sopportare, e sono necessari aiuti e progetti adeguati. In alcuni casi la scomparsa di entrambi i genitori causa una peggioramento delle condizioni economiche per i figli, e minori risorse economiche condizionano o appesantiscono gli anni successivi al trauma. E’ necessario pensare progetti e mettere in campo azioni e interventi adeguati per ridurre il più possibile il devastante impatto negativo del trauma, scoprire le reali necessità e bisogni di bambini e adolescenti vittime di femminicidio, preparare raccomandazioni e linee guida da diffondere a livello europeo per affrontare il problema in maniera efficace.
Gli adulti che hanno vissuto questo trauma durante l’infanzia o l’adolescenza, e che desiderano contribuire al progetto Scwith-off, possono raccontare la loro esperienza contattando la coordinatrice del progetto, Anna Baldry, scrivendo a info@switch-off.eu. Saranno garantiti anonimato e riservatezza.
Gli adulti che hanno vissuto questo trauma durante l’infanzia o l’adolescenza, e che desiderano contribuire al progetto Scwith-off, possono raccontare la loro esperienza contattando la coordinatrice del progetto, Anna Baldry, scrivendo a info@switch-off.eu. Saranno garantiti anonimato e riservatezza.
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