venerdì 6 novembre 2015

#7N Un ponte tra sorelle in marcha contra las violencias machistas

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Sabato 7 novembre 2015: a Madrid le donne spagnole parteciperanno alla Marcha Estatal contra las violencias machistas e occuperanno strade e piazze in quello è stato già battezzato il movimento del 7 novembre. Le femministe spagnole sono riuscite a superare  le barriere ideologiche che le dividevano e a porre l'interesse per i diritti delle donne al di sopra di tutto. Unite e compatte porteranno la loro protesta nelle strade di Madrid. La mobilitazione nazionale è molto forte tantoché  l'assessorato alle pari opportunità del  comune di Villa-Real, sulla costa spagnola vicino Valencia, ha messo a disposizione  pullman gratituitamente per partecipare alla marcia di domani. Non è la prima volta che le donne spagnole si mobilitano in massa. Il 1° febbraio del 2014 parteciparono in  migliaia alla manifestazione Porque yo decido spostandosi sui treni per protestare contro il progetto di legge del ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardón, che intendeva vietare l’aborto come libera decisione della donna, limitandone il ricorso ai casi di violenza sessuale o di grave rischio per la salute della donna.
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Sulla pagina Fb del gruppo Noi non ci stiamo! (al quale ho aderito) Simona Sforza ha scritto, riguardo a domani, che:  "la mobilitazione spagnola e tutte le altre che vi hanno aderito e che solidarizzano a distanza sono la dimostrazione che manifestare è ancora una modalità fondamentale di lotta e per rendere visibili i problemi e le istanze hanno capito che non c'è più tempo da perdere, si sono mobilitati tutti e tutte.. oltre gli steccati e le appartenenze. Sono un faro per tutte noi!".


In Italia proprio il gruppo Noi non ci stiamo!   sta mantenendo i contatti con le donne spagnole ed oggi  ha pubblicato una lunga lettera nella quale si rivolge alle madrilene e  scrive: vi siamo grate per il vostro lavoro, per i messaggi di coraggio e di forza che state lanciando con il movimento del 7 novembre. L'invito a manifestare è giunto forte anche in Italia, dove la situazione, circa le molteplici forme di violenza a cui le donne sono soggette, è molto grave. Abbiamo lanciato anche noi un appello, un moto emozionale per proporre un tavolo di lavoro comune, per riuscire a materializzare anche da noi qualcosa di simile a ciò che siete riuscite proficuamente a realizzare in Spagna. Un esperimento di politica delle donne, per tornare a rendersi visibili, incidere in modo adeguato alle circostanze, fare pressione sui luoghi decisionali, sul Governo in primis. In tante abbiamo voluto credere che potesse nascere qualcosa di indipendente, spontaneo, autonomo. Abbiamo tentato di coinvolgere le varie componenti dei gruppi/associazioni femminili e femministe italiane, su un progetto che portasse le donne italiane a collaborare a un testo, a una piattaforma che ragionasse sulla situazione italiana e rivendicasse gli interventi più urgenti. Portare le donne italiane nuovamente in piazza, sarebbe stato solo il punto finale di un lavoro condiviso e di una modalità operativa utile anche per il futuro. Non siamo riuscite a coagulare il desiderio di manifestare esplicitamente, tutte insieme, la nostra insofferenza per una situazione che per noi donne italiane ha gravissimi punti di sofferenza, visto che la violenza machista si esprime in molteplici modi. Ringraziamo quante hanno condiviso questo sogno, ma la realtà italiana non è quella spagnola.
L'Italia non è la Spagna, non lo è per le note positive. Nel nostro Paese non c'è, al momento, un  movimento femminista compatto e vitale ma molti gruppi femministi divisi  da innumerevoli steccati rispecchiando  un dna tutto italiano.  Purtroppo assomigliamo di più alla Spagna per le politiche di attacco alla libertà delle donne. Le politiche conservatrici del governo di destra  Rajoi hanno minato il diritto all'autodeterminazione delle donne, cercando di limitare la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza (ma hanno trovato la ferma opposizione delle spagnole); in Italia il governo Renzi non muove un dito per risolvere la questione dell'obiezione di coscienza che ormai riguarda oltre il 70% dei ginecologi che operano nelle strutture pubbliche. La ministra alla sanità Beatrice Lorenzin adottando la strategia del muro di gomma continua a sostenere che va tutto bene e a dispetto di quanto denunciato dai ginecologi della Laiga, continua a firmare  rapporti ministeriali dove si sostiene che l'obiezione di coscienza non ostacola le donne italiane che scelgono di abortire. Ma i dati dicono ben altro.
Le scelte politiche dei governi italiano e spagnolo sono affini purtroppo anche per gli interventi sul tema della violenza contro le donne. In Spagna Rajoi ha agito in maniera più diretta ed  ha tagliato i fondi per gli interventi a sostegno delle donne maltrattate mentre in Italia il governo si è mosso in maniera più subdola confermando quella schizofrenia tra proclami demagogici e attuazione di politiche di contrasto al femminicidio. I pochi fondi che erano stati stanziati con la legge sul femminicidio   sono andati dispersi in mille rivoli: distribuiti senza definire alcun  criterio qualitativo   sono stati inghiottiti da logiche clientelari e finiti nella mani di associazioni che non si erano mai occupate specificamente di violenza. Intanto ai  centri anti-violenza sempre più in affanno sono andate sole le briciole.
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Domani si manifesterà a Bristol, Londra, Parigi, Stoccarda, Vienna, Strasburgo, Dublino.
A Milano l'appuntamento è alle 15.30, in Piazza Cordusio,  angolo via dei Mercanti. La manifestazione a Milano verrà  rilanciata anche domani su Radio Onda D'Urto di Brescia.
@nadiesdaa
Pubblicato anche su Il porto delle nuvole

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