Il 14 e il 15 marzo a Reggio Emilia, nell'Ostello della Ghiara, D.i.Re ha organizzato Darsi la parola: la prima edizione della Ssuola di politica dei centri antiviolenza italiani. La partecipazione è stata altissima ( erano presenti 46 centri su 70 che aderiscono alla rete nazionale) durante un week end stimolante e intenso in cui si è aperta una riflessione sui Centri antiviolenza oggi, tra principi, metodologia e pratiche e la figura dell'operatrice tra impegno politico e competenze. Sono intervenute Carmen Marini (presidente Nondasola Reggio Emilia), Titti Carrano (presidente D.i.Re), Lella Palladino (Cooperativa E.V:A), Emma Baeri (Università di Catania), Giudita Creazzo (Casa delle donne per non subire violenza, Bologna) Marisa Guarneri (Casa delle donne maltrattate, Milano), Paola Degani (Università di Padova) e Lusanna Porcu (Associazione Onda Rosa, Nuoro), Alessandra Campani (Nondasola, Reggio Emilia), Manuela Ulivi (Casa delle Donne maltrattate, Milano) e Lepa Mladjenovi (Wave, Belgrado).
L'idea di realizzare una scuola politica è emersa nel corso degli anni come una forte esigenza dei centri anti-violenza ed è stata messa in campo dopo due seminari nazionali, organizzati nel 2013 e nel 2014 (Modena e Reggio Emilia).
Il trentennale lavoro dei centri ha fatto emergere nel nostro Paese il fenomeno della violenza contro le donne: sono state realizzate analisi, raccolte di dati statistici sulla violenza e progetti innovativi per sostenere le vittime e prevenire la violenza. Se oggi non si può rimuovere la violenza contro le donne è anche grazie ai centri anti-violenza. Le istituzioni se ne stanno occupando anche per le sollecitazioni arrivate dai luoghi delle donne ma lo fanno con un sistema di interventi inadeguato e risposte focalizzate soprattutto sull'intervento securitario o la tutela delle donne che, così, restano fissate nel ruolo di soggetti deboli. Intanto si affacciano sulla scena sociale molte realtà che si propongono di lavorare sul tema della violenza con approcci e metodologie distanti da quelle dei centri che hanno sempre guardato al fenomeno con un'ottica e una prassi femminista. Per questo è di vitale importanza, rafforzare l'identità dei centri con l'obiettivo di valorizzarne le differenze rispetto ad altri tipi di intervento che si pretendono "neutri" e che danno una lettura riduttiva della violenza maschile contro le donne, estrapolandola dal contesto che la alimenta che è quello culturale, simbolico, storico. Il fenomeno della violenza contro le donne può essere contrastato solo attraverso un cambiamento culturale che non può prescindere dal lavoro politico, qua risiede la forza dei centri anti-violenza che con le loro peculiarità hanno restituito diritti e libertà alle donne vittime di violenza che hanno chiesto loro aiuto.
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